L’Ultimo Couturier
«Se Chanel ha dato alle donne la loro libertà, è stato Saint Laurent a dare loro il potere.» − Pierre Bergé
Storia
Yves Saint Laurent, un couturier che ha cambiato il modo di vestire della donna moderna, e ne ha fatto un'arte.
Uno stilista che ha fatto della passione per l’arte, la cifra stilistica delle sue collezioni unendo poli opposti di quell’universo del bello di cui ha sempre fatto parte. Yves Saint Laurent: l’ultimo couturier, nato il primo Agosto del 1936 a Orano, nell’Algeria francese.
A soli 18 anni si trasferisce a Parigi per inseguire la sua passione, vince il concorso Segretariato Internazionale della Lana, disegnando un abito da cocktail nero con scollatura asimmetrica, il quale verrà poi realizzato da Hubert de Givenchy.
Dalla metà degli anni 50 entra a far parte della maison Dior prendendo il posto dello stilista, realizza dunque una collezione che cambia la moda francese: la linea “Trapéze”.
Pochi anni più tardi, Yves apre la sua maison di Haute Couture in collaborazione con Pierre Bergé e grazie all’aiuto economico di J. Mack Robinson, un americano che aveva visto nel giovane stilista una forza rara: siamo nel 1962, anno in cui inizia la leggenda.
La sua prima collezione sfila il 29 Gennaio del 1962 e verrà definita da Life come “il migliore insieme di tailleur conosciuti dopo quelli di Chanel”, ma è nell’a/i che porta in passerella la sua prima rivisitazione, il caban in chiave femminile.
Saint Laurent capisce che l’eleganza deve essere rivista e grazie alle sue creazioni dà vita alla donna moderna, colei che vive in un mondo dalle frontiere ormai espanse, che può viaggiare ovunque.
Ecco che nel 1966 arriva il suo capo icona: lo smoking da donna, liberamente ispirato a Marlene Dietrich, e con il quale conferisce definitivamente il potere alle donne. Sue sono state anche le prime sahariane, i blazer, e i trenchcoat.
Saint Laurent non è stato il primo a portare nel guardaroba femminile pezzi rubati all’uomo; ciò che aveva di rivoluzionario però, era far cambiare identità a questi elementi una volta "varcata la frontiera".
Il couturier fu anche il primo a introdurre i tessuti animalier nelle collezioni, così come il primo a far sfilare modelle di colore.
Ma Yves Saint Laurent ha avuto anche un altro punto di forza: da colorista smagliante, si è imposto negli anni di portare le proprie creazioni ai limiti della pittura, traendo ispirazione dal mondo dell’arte, continuando una tradizione in cui anche gli artisti si erano distinti come Sonia Delaunay, Giacomo Balla o Alexandre Rodchenko.
Lo stilista apre così un dialogo diretto tra il suo amore per l’arte e un'interpretazione personale trasferita sulle creazioni sartoriali. Una passione che prosegue con la sua collezione privata, valutata nel 2009 da Christies la più costosa al mondo.
Gli artisti che tanto ama non vengono semplicemente trasposti su seta, lana o jersey, ma gli danno lo spunto per reinventare un linguaggio, il suo linguaggio. Sceglie liberamente i tessuti per comporne una tavolozza: dal rosso, al rosa al nero, fino alle combinazioni più inaspettate come quelle di blu e nero per sovvertire l’uso tradizionale delle tonalità nell’Alta Moda dell’epoca.
Nel 1965 si assiste al primo tributo artistico di Saint Laurent che riprende l’essenzialità delle linee di Mondrian con una collezione interamente dedicata all'artista. La robe Mondrian è il primo esempio di come lo stilista sia riuscito a tradurre una tela sulla stoffa.
Precisione nelle linee, rispetto delle forme geometriche e del colore che prendono vita sul corpo della donna. È del 1966 la Pop Art collection che, con i suoi prestiti da Wasselman, rompe definitivamente le barriere tra arte e moda, secondo lo spirito di Andy Warhol.
I capi che nascono da questo connubio sono caratterizzati da contrastanti vibrazioni di colore. Il 1969 è l'anno degli abiti scultura ispirati a Claude Lalanne, mentre dal cubismo nascono collezioni che ammiccano al rivoluzionario lavoro di Picasso e Braque, i quali incollavano, pinzavano e cucivano materiali eterogenei unendoli a colori ad olio.
Nel 1988 l’omaggio a Picasso: una costruzione di giacche portate su gonne nere dalle linee essenziali. I fianchi, l’arabesque della vita, vengono evidenziati attraverso i contorni della chitarra che aiuta a far esplodere la musicalità del corpo femminile.
Saint Laurent sperimenta ancora giochi di colore nel 1980 con “Le robes Matisse” caratterizzata della violenza tipica dei movimenti fauvisti su tessuto. Alla domanda se la moda sia arte o no, rispondeva così: “La moda non è un arte ma ha bisogno di un artista per esistere, gli abiti sono sicuramente meno importanti di musica, architettura e pittura, ma era ciò che sapevo fare e che ho fatto, forse, partecipando alle trasformazioni della mia epoca”.
L’Ultimo Couturier
«Se Chanel ha dato alle donne la loro libertà, è stato Saint Laurent a dare loro il potere.» − Pierre Bergé
Storia
Yves Saint Laurent, un couturier che ha cambiato il modo di vestire della donna moderna, e ne ha fatto un'arte.
Uno stilista che ha fatto della passione per l’arte, la cifra stilistica delle sue collezioni unendo poli opposti di quell’universo del bello di cui ha sempre fatto parte. Yves Saint Laurent: l’ultimo couturier, nato il primo Agosto del 1936 a Orano, nell’Algeria francese.
A soli 18 anni si trasferisce a Parigi per inseguire la sua passione, vince il concorso Segretariato Internazionale della Lana, disegnando un abito da cocktail nero con scollatura asimmetrica, il quale verrà poi realizzato da Hubert de Givenchy.
Dalla metà degli anni 50 entra a far parte della maison Dior prendendo il posto dello stilista, realizza dunque una collezione che cambia la moda francese: la linea “Trapéze”.
Pochi anni più tardi, Yves apre la sua maison di Haute Couture in collaborazione con Pierre Bergé e grazie all’aiuto economico di J. Mack Robinson, un americano che aveva visto nel giovane stilista una forza rara: siamo nel 1962, anno in cui inizia la leggenda.
La sua prima collezione sfila il 29 Gennaio del 1962 e verrà definita da Life come “il migliore insieme di tailleur conosciuti dopo quelli di Chanel”, ma è nell’a/i che porta in passerella la sua prima rivisitazione, il caban in chiave femminile.
Saint Laurent capisce che l’eleganza deve essere rivista e grazie alle sue creazioni dà vita alla donna moderna, colei che vive in un mondo dalle frontiere ormai espanse, che può viaggiare ovunque.
Ecco che nel 1966 arriva il suo capo icona: lo smoking da donna, liberamente ispirato a Marlene Dietrich, e con il quale conferisce definitivamente il potere alle donne. Sue sono state anche le prime sahariane, i blazer, e i trenchcoat.
Saint Laurent non è stato il primo a portare nel guardaroba femminile pezzi rubati all’uomo; ciò che aveva di rivoluzionario però, era far cambiare identità a questi elementi una volta "varcata la frontiera".
Il couturier fu anche il primo a introdurre i tessuti animalier nelle collezioni, così come il primo a far sfilare modelle di colore.
Ma Yves Saint Laurent ha avuto anche un altro punto di forza: da colorista smagliante, si è imposto negli anni di portare le proprie creazioni ai limiti della pittura, traendo ispirazione dal mondo dell’arte, continuando una tradizione in cui anche gli artisti si erano distinti come Sonia Delaunay, Giacomo Balla o Alexandre Rodchenko.
Lo stilista apre così un dialogo diretto tra il suo amore per l’arte e un'interpretazione personale trasferita sulle creazioni sartoriali. Una passione che prosegue con la sua collezione privata, valutata nel 2009 da Christies la più costosa al mondo.
Gli artisti che tanto ama non vengono semplicemente trasposti su seta, lana o jersey, ma gli danno lo spunto per reinventare un linguaggio, il suo linguaggio. Sceglie liberamente i tessuti per comporne una tavolozza: dal rosso, al rosa al nero, fino alle combinazioni più inaspettate come quelle di blu e nero per sovvertire l’uso tradizionale delle tonalità nell’Alta Moda dell’epoca.
Nel 1965 si assiste al primo tributo artistico di Saint Laurent che riprende l’essenzialità delle linee di Mondrian con una collezione interamente dedicata all'artista. La robe Mondrian è il primo esempio di come lo stilista sia riuscito a tradurre una tela sulla stoffa.
Precisione nelle linee, rispetto delle forme geometriche e del colore che prendono vita sul corpo della donna. È del 1966 la Pop Art collection che, con i suoi prestiti da Wasselman, rompe definitivamente le barriere tra arte e moda, secondo lo spirito di Andy Warhol.
I capi che nascono da questo connubio sono caratterizzati da contrastanti vibrazioni di colore. Il 1969 è l'anno degli abiti scultura ispirati a Claude Lalanne, mentre dal cubismo nascono collezioni che ammiccano al rivoluzionario lavoro di Picasso e Braque, i quali incollavano, pinzavano e cucivano materiali eterogenei unendoli a colori ad olio.
Nel 1988 l’omaggio a Picasso: una costruzione di giacche portate su gonne nere dalle linee essenziali. I fianchi, l’arabesque della vita, vengono evidenziati attraverso i contorni della chitarra che aiuta a far esplodere la musicalità del corpo femminile.
Saint Laurent sperimenta ancora giochi di colore nel 1980 con “Le robes Matisse” caratterizzata della violenza tipica dei movimenti fauvisti su tessuto. Alla domanda se la moda sia arte o no, rispondeva così: “La moda non è un arte ma ha bisogno di un artista per esistere, gli abiti sono sicuramente meno importanti di musica, architettura e pittura, ma era ciò che sapevo fare e che ho fatto, forse, partecipando alle trasformazioni della mia epoca”.
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